Finanza comportamentale: cos’è e quali sono i bias cognitivi degli investitori?

Quando si tratta di prendere una decisione, anche in ambito economico e finanziario, le persone sono influenzate dalle emozioni, dal contesto, dalle esperienze passate e dalle convinzioni acquisite. È su queste premesse che si sviluppa la finanza comportamentale, una disciplina relativamente recente che negli ultimi decenni ha acquisito sempre maggiore rilevanza, aprendo nuovi orizzonti nello studio delle decisioni economiche e finanziarie. Secondo questa branca, infatti, fattori come emozioni e preconcetti possono condizionare le scelte degli individui, allontanandoli dalla razionalità.

In questo articolo vedremo il significato di finanza comportamentale, a cosa serve e quali sono i principali bias cognitivi che condizionano le decisioni degli investitori, ossia automatismi mentali dai quali si generano credenze o errori di giudizio. Scopriremo inoltre come possiamo utilizzare queste conoscenze per orientare al meglio le nostre strategie finanziarie.

Cos’è la finanza comportamentale e quali sono le sue origini

La finanza comportamentale, o behavioral finance, è un ambito dell’economia che studia in che modo i fattori psicologici influenzano le decisioni finanziarie degli individui e i mercati, anche a scapito delle informazioni raccolte e analizzate con obiettività. In altre parole, mentre la finanza tradizionale presuppone che gli investitori siano sempre ragionevoli e mirino a massimizzare il loro profitto, la finanza comportamentale riconosce che le emozioni e i pregiudizi possono deviare le decisioni dagli standard di razionalità e restituire risultati inaspettati, basati su dati superficiali, convinzioni errate e regole approssimative (le cosiddette “euristiche”, ovvero scorciatoie di pensiero utilizzate per prendere una decisione rapidamente).

Se la finanza tradizionale si basa su modelli matematici e presupposti condivisi come l’efficienza dei mercati e la razionalità degli investitori, la finanza comportamentale evidenzia quindi come determinati fattori esterni possano indurci a decisioni sbagliate, come sovrastimare il valore di un investimento, o a reagire in modo emotivo alle fluttuazioni di mercato, compiendo scelte irrazionali.

Come nasce la finanza comportamentale

Le origini di questa branca dell’economia risalgono agli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, grazie al lavoro pionieristico di studiosi come Amos Tversky e Daniel Kahneman, premiato con il Nobel per l’Economia per le ricerche sui processi decisionali. La loro teoria del prospetto (“Prospect Theory”) ha gettato le basi per comprendere come gli individui percepiscano guadagni e perdite in modo “distorto”.  Ad esempio, una diminuzione del capitale di 100 euro è vissuta come più dolorosa rispetto alla soddisfazione generata da un incremento equivalente. Questo spiega comportamenti paradossalmente illogici come l’avversione al rischio in situazioni di guadagno e la ricerca dell’azzardo in fasi di perdita.

Alla luce di queste intuizioni, possiamo quindi definire la finanza comportamentale una combinazione di economia, finanza e psicologia, che assegna alle emozioni degli investitori un ruolo chiave nel momento in cui devono prendere delle decisioni e, per questo, cerca di decifrarne le conseguenze sui mercati.

A cosa serve la finanza comportamentale

La finanza comportamentale cerca di analizzare le motivazioni dietro le decisioni degli investitori, esplorando non solo in che modo si prendono, ma anche le ragioni sottostanti. Il suo principio cardine è che l’essere umano non è mai completamente razionale, nemmeno in ambito finanziario.

Grazie a questa disciplina, quindi, è possibile studiare gli errori che possiamo commettere e, una volta individuati i bias che li causano, comprendere le radici di queste scelte – apparentemente inspiegabili – e far luce sulle logiche che guidano i mercati. Comprendere i suggerimenti della finanza comportamentale consente di ottimizzare la gestione del risparmio e degli investimenti, aiutandoci a evitare possibili sbagli dettati dall’emotività o da valutazioni scorrette.

Le ricerche e gli studi condotti finora in questo ambito hanno fornito indicazioni cruciali per i grandi investitori, suggerendo strategie ottimali per affrontare anche le fasi più delicate e complesse del mercato, quando emozioni e bias cognitivi tendono a prevalere sulla razionalità.

Quali sono i principali bias cognitivi che influenzano le decisioni finanziarie?

Come abbiamo visto, i bias cognitivi sono distorsioni automatiche nei processi di pensiero (credenze o errori sistematici di valutazione fondati su idee e pregiudizi irrisolti) che influenzano i comportamenti e che possono compromettere la capacità di prendere decisioni razionali. Quelli più comuni in ambito finanziario sono:

  • Overconfidence bias: l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità porta gli investitori a sottovalutare i rischi o a sovrastimare le probabilità di successo. Si tratta di un bias che, ad esempio, può manifestarsi dopo alcune operazioni finanziarie andate a buon fine.
  • Anchoring bias: la tendenza a dare troppo peso alla prima informazione raccolta influenza le decisioni successive, anche quando nuove informazioni contraddicono quella iniziale. Il termine, infatti, deriva dall’inglese anchoring, ossia “ancoraggio”.
  • Loss aversion: identificato per la prima volta all’interno della Teoria del prospetto, questo bias indica la propensione a temere le perdite più di quanto si apprezzino i guadagni di pari entità. In concreto, perdere 1000 euro provoca più dolore rispetto alla soddisfazione di guadagnare la stessa cifra.
  • Herd behavior (Comportamento del gregge): questo bias fa riferimento alla tendenza a seguire le decisioni prese dalla massa senza una valutazione obiettiva. Può manifestarsi in scenari come le bolle speculative, quando gli investitori, spinti da un immotivato entusiasmo collettivo, acquistano asset a prezzi irrealistici. Allo stesso modo, può emergere durante periodi di panico finanziario, quando, mossi dalla paura condivisa, gli investitori vendono indiscriminatamente, senza considerare i segnali razionali che potrebbero suggerire, al contrario, l’opportunità di mantenere gli investimenti.
  • Confirmation bias: è l’atteggiamento di coloro che cercano solo informazioni a conferma delle proprie convinzioni preesistenti, ignorando quelle contrarie. Si tende quindi a dare più peso alle notizie che supportano le proprie idee e a essere scettici verso quelle contrarie.

I bias cognitivi, dunque, possono condizionare profondamente le scelte finanziarie, portando gli investitori a prendere decisioni emotive o irrazionali. Riconoscerli è importante per sviluppare una maggiore consapevolezza e adottare un approccio più razionale nelle scelte economiche.

Cosa sono i bias emozionali?

Quando a interferire sulle decisioni sono la paura o l’euforia, entriamo nel campo dei “bias emozionali”. Questi stati d’animo possono spingere a scelte impulsive e irrazionali, dettate dall’intensità emotiva del momento, rendendo difficile un’analisi oggettiva della situazione. Un esempio classico è quello dell’investitore che, colto dal panico per un improvviso calo delle proprie azioni, le vende nel tentativo di limitare le perdite: un’azione dettata dall’istinto, che può rivelarsi controproducente; con maggiore lucidità, infatti, avrebbe potuto ponderare una strategia più efficace. Ma il fenomeno vale anche al contrario: pensiamo a chi, travolto dall’entusiasmo per un trend in crescita, investe impulsivamente tutto il proprio capitale senza valutare i rischi dell’operazione.

Come possono gli investitori usare la finanza comportamentale per migliorare le proprie decisioni?

Conoscere i bias cognitivi ed emozionali è importante per prendere decisioni più consapevoli. Ecco alcune strategie per non farsi condizionare:

  • Educazione finanziaria: comprendere in anticipo i meccanismi psicologici che influenzano le scelte aiuta a riconoscere e mitigare i propri bias.
  • Diversificazione: evitare di concentrare gli investimenti in un unico asset riduce il rischio di prendere decisioni emotive legate a singole performance.
  • Pianificazione a lungo termine: stabilire obiettivi chiari e seguire una strategia predefinita aiuta a evitare possibili reazioni impulsive alle fluttuazioni di mercato.
  • Affidarsi a esperti: consulenti finanziari qualificati possono garantire un punto di vista oggettivo e far sì che l’investitore mantenga il focus sugli obiettivi prefissati.

A tal proposito, la CONSOB (Commissione nazionale per la società e la borsa) ha fornito alcuni consigli per evitare errori e trappole comportamentali. Ecco alcuni dei suggerimenti forniti:

  • Quando valuti un prodotto finanziario, non affidarti alle indicazioni di familiari e amici perché la percezione che gli altri hanno del rischio potrebbe non coincidere con la tua.
  • Non fermarti a una valutazione istintiva del rischio e non ragionare per stereotipi, ma esamina i dati disponibili e rifletti il tempo necessario.
  • Quando verifichi la performance storica di un prodotto finanziario, non prendere in considerazione solo gli aspetti positivi, ma analizza l’andamento con obiettività, senza trascurare le flessioni.
  • Valuta con spirito critico le informazioni presenti nei documenti informativi e verifica con il tuo consulente di fiducia di aver compreso e interpretato bene i dati.
  • Evita investimenti ad alto rischio se hai una forte avversione alle perdite. Inoltre, se hai obiettivi di medio/lungo termine, non concentrarti solo sulle performance di breve termine del prodotto.

La finanza comportamentale offre una prospettiva inedita e preziosa per comprendere il mondo delle decisioni economico-finanziarie. Per questo, prima di compiere delle scelte in questo ambito, è fondamentale affidarsi sempre a intermediari esperti, capaci di guidarci verso considerazioni ponderate ed efficaci.

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Redazione Athora Italia

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